Storie di sostenibilità

Con il nostro partner raccontiamo storie di persone e aziende che fanno della sostenibilità una pratica quotidiana.
Leggi gli approfondimenti e guarda le video interviste di Anna Forciniti.

L’impresa è un organismo vivente? Qual è la responsabilità di una impresa? Il mondo…

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Qual è la responsabilità di una impresa? Il mondo del business quale linguaggio deve parlare?
La lingua più diffusa è sempre stata quella dell’efficienza, del profitto, della competitività, della crescita. Ma è sotto gli occhi di tutti che non può più essere così.
L’impresa è un organismo che vive in un territorio, arricchisce la società di beni e servizi che non ci sarebbero senza quella tipica azione collettiva, ma crea anche beni e capitali sociali e relazionali, non è mai neutrale nei confronti del territorio, delle persone, delle comunità: crea valori oppure li distrugge. Ecco che oggi non è più sufficiente chiedere all’impresa di produrre solo valore economico, pagare le tasse… e sforzarsi di non inquinare.

Lo scopo di un’impresa è prendere coscienza della grande responsabilità che ha nei confronti della comunità nella quale è calata. L’impresa deve saper essere terreno fertile per la fioritura di persone e lo sviluppo di luoghi. Oggi dobbiamo dire a gran voce che lo scopo del business è salvare il mondo, non è fare profitti. Esistono studi strumenti, esperienze che ce lo dimostrano. Cito Rebecca Handerson, economista di Harvard, esperta in cambiamento strategico, che nel suo ultimo libro “Nel mondo che brucia” ci indica una strada molto precisa per ripensare il capitalismo:
1. Le imprese devono puntare a CREARE VALORE CONDIVISO: seguire modelli che portano a creare contemporaneamente valore per il business e per la società.
2. Per fare questo, l’impresa deve DARSI UNO SCOPO CHE VADA OLTRE IL SOLO PROFITTO e, soprattutto, si deve dotare di strumenti per misurare i risultati, non solo finanziari ma anche sociali e ambientali.
3. Le imprese devono trovare il modo di cooperare, nessuno può farcela da solo, devono trovare la strada della reciprocità, creare e coltivare un ECOSISTEMA COLLABORATIVO, che promuova anche la biodiversità culturale.
Le imprese che nel lungo periodo hanno le prestazioni migliori sono quelle che incorporano nella loro attività un purpose sociale, che è dunque importante quanto quello economico.

Perché, nonostante tutto, l’economia, le fabbriche, le imprese sono e restano tra le cose più umane e belle che gli esseri umani sanno fare mettendosi insieme.
Ci sono imprenditori, nel nostro Paese, che fanno questo, abbracciano con coraggio e visione un modo di fare impresa dove la ricerca del beneficio comune prevale sugli interessi individuali, che sanno mettere insieme valore economico e valore sociale, e – soprattutto – hanno la missione di amplificare l’impatto positivo creando proprio quell’ecosistema virtuoso a cui accennavo.
Una delle realtà più belle che abbiamo in Italia è quella di Francesco Mondora. Un’azienda da lui stesso definita un organismo vivente.

Il cibo? E’ una questione di valore. “Coltivare, nutrire, preservare. Insieme: le nostre azioni…

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“Coltivare, nutrire, preservare. Insieme: le nostre azioni sono il nostro futuro”. Con questo slogan è stata celebrata la Giornata Mondiale dell’Alimentazione promossa dalla FAO (Food and Agriculture Organization) il 12
ottobre 2020.
Perché la sostenibilità è un’azione collettiva, che richiede la partecipazione di
tutti. E se pensiamo al cibo questo è ancora più facilmente comprensibile: la
produzione di cibo è fondamento della società globale.
Un numero su tutti: il 40% delle terre di tutto il pianeta è dedicato ad attività di
produzione agricola e zootecnica.

Ma un dato che dobbiamo aggiungere a questo è che ogni anno, a causa di erosione, perdita di fertilità, desertificazione, cementificazione, si perde una superficie agricola grande quanto l’Italia.
Agricoltura e sostenibilità è dunque un connubio che tutti noi dobbiamo tenere in seria considerazione e che ci pone di fronte due temi:
1. Un tema di sostenibilità ambientale: rispetto delle risorse naturali (acqua, terra e biodiversità).
2. Un tema di sostenibilità sociale: una filiera agroalimentare e agroindustriale sostenibile ha l’obiettivo di garantire la salute delle persone, migliorare la qualità della vita dei produttori, promuovere lo sviluppo economico solidale, salvaguardare i diritti umani, favorire l’equità sociale.
Il 2020 segna la data di inizio del Decennio d’Azione (DECADE OF ACTION) per raggiungere i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite.
Per aiutarci a capire l’importanza di coniugare sostenibilità e attività agricola la FAO ha definito i 5 principi dell’agricoltura sostenibile:
1. Aumentare la produttività, l’occupazione e il valore aggiunto nei sistemi alimentari: modificare le pratiche e i processi agricoli garantendo i rifornimenti alimentari e riducendo allo stesso tempo i consumi di acqua ed energia.
2. Proteggere e migliorare le risorse naturali: favorire la conservazione dell’ambiente, riducendo l’inquinamento delle fonti idriche, la distruzione di habitat ed ecosistemi e il deterioramento dei suoli.
3. Migliorare i mezzi di sussistenza e favorire una crescita economica inclusiva
4. Accrescere la resilienza di persone, comunità ed ecosistemi: trasformare i modelli produttivi in modo da minimizzare gli impatti che gli eventi estremi innescati dai cambiamenti climatici e la volatilità dei prezzi di mercato hanno sull’agricoltura.
5. Adattare la governance alle nuove sfide: assicurare una cornice legale idonea a raggiungere un equilibrio fra settore pubblico e privato, assegnare incentivi e garantire equità e trasparenza.

E dal momento che “le nostre azioni sono il nostro futuro”, questo vuol dire che i Paesi possono per esempio “sostenere la divulgazione e l’uso dei dati; collaborare per rendere i sistemi alimentari più resistenti alla volatilità e agli shock climatici e dare priorità all’innovazione e alla digitalizzazione per colmare il divario digitale. Le aziende dovrebbero investire in sistemi alimentari sostenibili e resilienti che offrano posti di lavoro dignitosi, condividere le nuove tecnologie (vedi e-commerce). Infine, i singoli cittadini dovrebbero sempre cercare di compiere scelte alimentari sane e di ridurre per quanto possibile gli sprechi, per contribuire a coltivare, nutrire e preservare il pianeta”.
In Italia si punta sempre più alla sostenibilità nella filiera agroalimentare, diversi studi e dati ci dicono che il nostro Paese eccelle in Europa per il rispetto dell’ambiente e dei cicli produttivi.

Realtà molto interessanti a mio parere sono quelle che sono state capaci di far incontrare il mondo agricolo e del cibo con l’innovazione e la tecnologia, che hanno fatto incontrare in modo virtuoso e generativo più generazioni, che stanno costruendo un filiera dove tutti gli attori collaborano attraverso le loro scelte e le loro azioni per raggiungere obiettivi comuni.
Boniviri è una start up che ha l’obiettivo di valorizzare le piccole eccellenze agricole, mitigare il cambiamento climatico, sviluppare prodotti eco-friendly: un business che genera valore economico ma anche valore sociale e ambientale, programmato e misurato.

Binario 95. Il terzo settore che dà voce ai vulnerabili. Quali sono i pilastri del nostro sistema economico…

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Quali sono i pilastri del nostro sistema economico e sociale? E in quale relazione dovrebbero stare tra loro per garantire uno sviluppo sostenibile?
La visione dominante in gran parte dei dibattiti del XX secolo si è concentrata su due
pilastri:
– Il mercato, il settore privato, che dovrebbe dare risposta ai bisogni delle comunità,
delle popolazioni.
– Il settore pubblico, le istituzioni che dovrebbe mantenere i servizi e soddisfare il
Welfare.
Ma di fatto, c’è un altro pilastro fondamentale: sono le organizzazioni della società civile che fanno in modo che Mercato e Stato lavorino a beneficio della maggior parte della popolazione: E’ il Terzo Settore.
Il Terzo Settore si affianca alle istituzioni pubbliche e al mercato e interagisce con entrambi per l’interesse delle comunità. La lotta alle disuguaglianze è la sua matrice. Ruolo fondamentale perché si occupa degli esclusi, di coloro che non possono sedersi al tavolo della negoziazione per come è strutturato oggi il Welfare (strutturato sulla capacità negoziale).

Come creare un equilibrio tra questi tre attori? Come si può creare un modello tripolare che funzioni davvero, in cui i tre siano protagonisti alla pari? Come può, il terzo settore, essere un interlocutore professionale, libero da stereotipi che hanno trasformato il paradigma del volontariato in bassa professionalizzazione? E come può contribuire a creare sinergie con Istituzioni da un lato e settore privato dall’altro, per realizzare una reale lotta alle disuguaglianze, riportare in salute le comunità disfunzionali, in modo
sostenibile?
Una realtà che lavora in modo straordinario, che supera il concetto di “aiuto immediato” per chiedersi cosa fare perché gli esclusi ritrovino dignità e inclusione reale, è Binario95.

Immaginare futuri e comunità migliori: New Living, New Learning, New Work…

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La specie umana ha eletto nei secoli la città come habitat privilegiato. Oggi, dopo la drammatica esperienza della pandemia stiamo molto riflettendo su questa scelta.
La pandemia sta rimescolando le carte in tavola: le grandi città si decongestionano, famiglie, singoli individui, anche aziende, hanno scelto di spostare il baricentro della propria vita e del lavoro fuori dalle città, in borghi storici, località di mare, o montagna. Da un anno a questa parte si parla di South Working.
E allora molti piccoli centri cercano di diventare smart. Oppure si parla di riqualificazione per renderli “economicamente produttivi” , cioè per attirare il turismo della domenica. Nel PNRR la parola BORGHI è presente solo una decina di volte ed è intesa principalmente per “cultura, passeggiate, turismo, chiese da visitare”. Ma è questa la vera sfida? A me sembra che stiamo rischiando di riprodurre il modello di sviluppo basato su CITTA’ = PROGRESSO e BORGO = PRESEPE.

Credo che questo tempo nuovo ci stia ponendo davanti una possibilità più grande, quella di ri-disegnare il modo di vivere il territorio.
Cosa significa? Per me significa pensare a nuove infrastrutture non solo “fisiche”, non solo “tecnologiche”, ma SOCIALI, nuovi modi di attivare relazioni e “nutrimento”. Per rispondere a un bisogno più profondo, che va dai ritmi più lenti al bisogno di far incontrare culture del passato e scintille di futuro.
Per me l’opportunità sta nella parola RIGENERAZIONE, che non vuol dire RIQUALIFICAZIONE. Rigenerazione significa chiederci come possiamo costruire nuove forme economiche e collaborative: dove ci sia compartecipazione e sinergia.
Come potrebbero essere vissuti e come potrebbero integrarsi la vita urbana e la vita nei territori con un paradigma diverso?
Esistono esperienza che provano a cambiare paradigma: che portano nei paesi valore e capitale umano. Che immaginano nuove geografie che integrino spazio reale e spazio digitale. Esperienze che vedono e vivono il territorio come un LUOGO, non come semplice SPAZIO. Un luogo è denso di pratiche sociali, economiche, culturali.
E dunque nell’incontro si attiva il comportamento della RECIPROCITA’: ti do o faccio qualcosa affinché tu possa a tua volta dare o fare qualcosa che viene dalla tua esperienza, dalla tua storia, dai tuoi talenti, dalle tue abitudini.
In un incontro di diversità intorno a un luogo che rappresenta un bene comune. Sono gli assunti dell’economia civile: l’economia che integra l’assioma antropologico della RELAZIONE e dell’INCLUSIONE, dove tutti possono partecipare.
C’è un’associazione, in Calabria, “La Rivoluzione delle Seppie”, un collettivo di Architetti, Designer, Artisti, giovani provenienti da tutto il mondo che insieme a Artigiani, Contadini, abitanti di un borgo calabrese stanno provando a costruire questo nuovo modo di vivere un ambiente.